L' Associazione presenta il suo Manifesto

Sentire il filo sottile resistente come quello della ragnatela tra l’arte e il quotidiano vivere. Mettere insieme l’arte con il respiro della città ritrovata, ricollocata, amata anche nei suoi spazi perduti, desolati, assenti: rinnovata bellezza e splendore del passato e orizzonte del nuovo, del contemporaneo.

Duplice binario del fare artistico, precursore di ciò che avverrà e confine del presente, spinta all’evolversi, storia di ritrovamenti e di assenze colmate. Che cosa sia l’arte oggi e in che direzione si orienti, a che cosa serva e a quali parti dell’esistente dia significato: una risposta precisa non esiste.

Quel che è certo è che il Novecento, lasciandoci come sopravvissuti di un’epoca ormai chiusa, ci ha consegnato tutte le decostruzioni possibili. Il “secolo breve” del negativo, degli olocausti, degli stermini scientifici è traghettato nella Storia e ora si apre un orizzonte misterioso. Faglie tremanti di Apocalisse sono i nuovi confini: tra globalizzazione e locale, tra politica dell’uguale e politica del differente, tra melting-pot e preservazione delle radici.

Da questo punto di vista, del tragico e del terribile, l’arte sembrerebbe parlare oggi il linguaggio dell’assurdo, del decorativo ignobile e superficiale, di qualcosa di cui sarebbe addirittura positivo farne a meno. Già la condannò Platone come copia della copia. Ma soltanto ciò che parla il linguaggio del desiderio, che fa comunicare l’ombra con la luce, il conscio con l’inconscio, la ragione con l’amore e tutta l’infinita teoria delle scissioni possibili (privato – pubblico, maschile – femminile, alto – basso, sole – luna, bene – male, vita - morte ... ) ci rende accessibile l’intensità, la bellezza e il senso, la gioia e il dolore della vita. Si può seminare desolazione e morte perché si è stati feriti, deportati, torturati, umiliati oppure transitare oltre il post–moderno e il pensiero debole fino alla soglia del presente, al dare ospitalità alla vita, al respiro consapevole declinato nella nostra lingua, alla danza brillante delle cose come fosse una danza di farfalle che sanno perché lo fanno e perché sono così belle.

L’arte aiuta a esistere, a far esistere “altro” da sé, dal già dato, dal già tutto tratto. L’arte è vita ancora possibile, ancora aurorale, l’eterna giovinezza. Arte è passato e futuro uniti insieme, amore delle possibilità, vertigine tra le scelte, aquila che vola sul mondo e lo vede nel suo evolversi, nel suo divenire, in tutte le dimensioni: dal piccolissimo alla vastità sconfinata, dal tempo del minuto secondo all’atemporalità circolare, scambio tra mio e tuo.

Se "Arte" è la possibilità che si avveri il possibile, "Altro" è tutto ciò che non conosco, che ancora non conosco, ma che mi piacerà esplorare, "Altro" è il senso magnifico e ludico di tutto quello che c’è da fare, dire, pensare, architettare, è rendere visibile qualcosa: quel qualcosa, l’inespresso finora sepolto. “Altro” è quello a cui è chiamata l’”Arte”, il suo “altro”, il suo “doppio”, il suo “possibile”, il suo “impensato”, il suo “tratto dall’ombra”, il suo “amore”. Arte è l’amore del mondo.

Per il mondo, con il mondo nuovo, con quello che verrà, che sarà, coi bambini e le bambine che sono e saranno (anche un po’ di noi). L’arte è il rapporto tra la vita e la morte, tra la malinconia e la sconfinata gioia di esserci (il piacere del gioco vitale) nell’intreccio dell’esistente, istante poetico rigenerante. Arte è la madre del mondo. Tutto ciò che lo rende vivibile, accessibile, significante. Arte è un re nudo bambino che gioca sulla spiaggia.

Testo di Natalia Rizzi

Questo sito utilizza solo cookie tecnici per garantire la migliore esperienza e a fini statistici. Continuando ad utilizzare questo sito web, accetti il loro utilizzo. Maggiorni Informazioni